Interstellar – Recensione ed analisi del film di Christopher Nolan

Interstellar - Joseph e Murph

Interstellar racconta la storia di un’equipe che affronta un viaggio spaziale, al fine di salvare l’umanità dall’estinzione poiché la Terra sta morendo. Per rinfrescarvi la memoria su qualsiasi dettaglio vi sia sfuggito del film, potete leggere questo articolo in cui ne espongo in modo dettagliato gli eventi chiave.
Andiamo ad analizzare i vari aspetti della pellicola, per chiarire se si tratti di un’opera sopravvalutata o se meriti di essere apprezzata nella sua complessità.

Interstellar: 160 minuti di noia?

Il primo aspetto da affrontare è la notevole lunghezza del film che si aggira attorno ai 160 minuti.
Da questo, possiamo intuire come il regista abbia voluto dare rilevanza al tempo, la dimensione che ci permette di cambiare, prendendo decisioni sul nostro futuro.
Ogni scena vuole trasmettere qualche particolare messaggio allo spettatore, in modo da invogliarlo a riflettere sui suoi passi, sui suoi errori e sulle sue responsabilità. Tali osservazioni vengono spesso sottovalutate da qualsiasi essere umano.

Nelle fasi iniziali del film, possiamo notare le terribili condizioni in cui l’uomo vive sulla Terra, e il rapporto familiare instaurato fra Cooper ed i figli. Questa fase ci porterà ad affezionarci a Cooper, che difende i diritti dei propri figli (come nel caso scolastico di Murph e Tom) e desidera il meglio per il loro avvenire.

Nelle successive scene, Cooper prenderà una decisione molto importante: sceglierà di viaggiare nello spazio per salvare i propri figli e l’intera umanità dall’estinzione dovuta all’instabilità del clima terrestre. Una decisione ardua, dettata dall’amore che prova nei loro confronti, nonostante questo implichi che egli si allontanerà da loro per molti anni. Inoltre è consapevole della relatività del tempo (grazie Einstein!), dunque sa che potrebbe fare ritorno a casa quando i suoi figli saranno già diventati adulti. Ciò comporterà che non sia lui a curarne la crescita bensì Donald, il padre della moglie deceduta anni prima a causa di un tumore.

Nelle fasi centrali del film, Cooper prova paura perché la missione rischia il fallimento. Per lui significherebbe essere rimasto lontano da casa per decenni senza risultati. Come potrebbe accettare che il futuro dei suoi figli non sarà migliore di quello che è stato il loro passato?
Durante la pausa sul pianeta di Miller, Cooper confida ad Amelia che, quando hai un figlio, una cosa diviene molto chiara: vorresti che si sentisse al sicuro. Ed è questo il motivo per cui si sta sacrificando: assicurarsi la serenità dei propri figli.

Alle fasi finali ci arriveremo più avanti ma, come potrete immaginare, la conclusione della pellicola non delude le attese. Anzi, offre una spiegazione più che comprensibile a tutto ciò che abbiamo visto precedentemente.

Chi muore e perché?

Un aspetto fondamentale durante la visione di un film è quello di capire perché ognuno dei personaggi presentati muoia o meno, per dare un senso alle scelte effettuate dal regista ai fini della storia.
Christopher Nolan, assieme al resto dello staff, sembra aver lavorato a fondo sulle sorti dei personaggi presentati durante lo svolgimento della pellicola.

In ordine cronologico, Doyle è il primo a passare a miglior vita. Questo avviene perché lo scienziato, non avendo rapporti affettivi sulla Terra, non si cura della relatività, perdendo tempo a guardarsi intorno. In parole semplici, non gli importa nulla che nel frattempo sulla Terra passano anni e la situazione peggiora.
Ed è così: Doyle è egoista e per lui il tempo perso non è rilevante, piuttosto lo è solo ciò che sta vivendo lui. Non a caso, muore inghiottito da un’onda anomala sul pianeta di Miller perché temporeggia prima di salire sulla navicella che, comandata da Cooper, doveva immediatamente abbandonare il pianeta.

Il dottor Brand, padre di Amelia, non muore semplicemente di vecchiaia. Muore perché ha tenuto nascosto un segreto molto importante agli occhi della stessa figlia, di Cooper e di Murph. Quest’ultima aveva intuito che ci fosse qualcosa di inesatto nell’equazione su cui Brand lavorava da tanto tempo. Nonostante ciò, aveva deciso di fidarsi di lui.
In fin di vita, il dottor Brand confida a Murph di aver mentito. Tuttavia, quando Murph gli chiede se il padre sapesse che gli umani erano insalvabili, Brand, ormai morente, non risponde alla domanda e lascia la figlia di Cooper con questo dubbio. Prima di andar via, recita un’ultima volta le prime parole della poesia che amava ripetere alla figlia, Non andartene docile in quella buona notte.

Romilly, a differenza di Doyle, è un uomo molto generoso ma si lascia trascinare troppo facilmente dalla paura. Inizialmente, durante il viaggio, ne prova per lo spazio circostante, svegliandosi più volte dall’ibernazione e confidando a Cooper di temere asteroidi e qualsiasi cosa possa colpire la loro navicella.
In seguito, mentre attende sull’Endurance che la squadra visiti il pianeta di Miller, evita di rimanere ibernato perché crede che i colleghi non siano sopravvissuti. Al contrario, a causa della relatività doveva aspettarsi che se i compagni avessero avuto contrattempi, per ogni ora di ritardo lui avrebbe atteso sette anni in più.
Infine, ingenuamente, crede che Tars non sia in grado di decodificare i dati riportati da Mann. Così decide di procedere manualmente, ignorando l’ipotesi che Mann possa essersi comportato in modo sleale, e muore a seguito di un’esplosione.

Probabilmente è chiaro a tutti il motivo per cui Mann fa la fine che conosciamo bene. Non è tanto il motivo per il quale ha inviato dati falsi alla squadra, in modo da farla giungere sul suo pianeta per salvarlo. Questo è comprensibile perché, come spiega lui stesso, quando si tratta di sopravvivenza l’uomo è capace di chiedere aiuto in qualsiasi modo, se crede che la sua ora non sia ancora giunta.
Piuttosto, la sua morte avviene per il fatto che, in modo disonesto, volesse abbandonare tutti lì e fuggire con la navicella che il gruppo ha utilizzato per soccorrerlo. Mann ha preso questa decisione perché credeva che i terrestri non potessero essere salvati, e dunque puntava esclusivamente al piano B (gli embrioni).
Fra l’altro, Mann non conosceva la procedura di attracco all’Endurance, per cui ha agito uccidendosi con le proprie mani, ignorando i messaggi d’emergenza di Cooper ed Amelia.

Tom muore per un motivo molto simile a quello di Romilly.
A differenza di Murph, infatti, il fratello crede che Cooper l’abbia abbandonato e che non tornerà mai a salvarlo. Non avendo fiducia in suo padre, crede che egli non provi amore per i figli.
L’odio per il padre lo porta ad un atteggiamento scontroso ed arrogante, anche nei confronti della moglie e dei figli. Il primo gli muore, ma commette gli stessi errori con i successivi, evitando di preoccuparsi della loro salute.
Quando Cooper torna nel Sistema Solare, infatti, incontra solo Murph, mentre Tom è già deceduto e non ha mai avuto la possibilità di riabbracciarlo.

Riassumendo, solo Cooper e Amelia sopravvivono perché sono gli unici dell’equipaggio a credere nella possibilità di salvare l’umanità presente sulla Terra, quindi nel piano A.
Nonostante anche Romilly fosse uno di questi, poiché è proprio lui a consigliare a Cooper di “tentare” l’ingresso nel buco nero per risolvere l’equazione del dottor Brand, egli non sopravvive perché si fida di Mann piuttosto che di Tars. Ricordiamo che Tars, in quanto macchina, deve essere in grado di decodificare i dati.

Interstellar: spiegazione del finale

Il finale di Interstellar è sicuramente una delle ragioni più considerevoli che spingono lo spettatore ad apprezzarne il contenuto.
Cooper riesce a salvare i terrestri perché l’amore che lo lega a sua figlia Murph trascende la dimensione spazio-temporale. Riescono cioè a comunicare, ed aiutarsi, da due galassie differenti sfruttando l’amore immenso ed incondizionato che provano l’uno per l’altra.
All’interno del buco nero, nel tesseratto creato dai “superiori”, Cooper capisce che deve sfruttare la gravità per inviare un chiaro messaggio a Murph. Per farlo, ha bisogno di trovare il momento più opportuno, che riguarda il passato della figlia nella propria stanza, per comunicarle i dati di cui ha bisogno per risolvere l’equazione del dottor Brand.

Grazie all’aiuto di Tars, Cooper riesce ad inviare i dati in codice Morse nell’orologio che aveva regalato alla figlia prima della partenza. Murph potrà completare l’equazione del dottor Brand in modo che si possa costruire la stazione spaziale che trasferirà l’umanità sul nuovo pianeta.

Murph, nello strepitoso e strappalacrime finale, rivede il padre perché ha creduto sin dall’inizio nella promessa che le aveva fatto: quella di tornare. Non solo: Cooper ha portato a termine la missione salvando l’umanità. Per cui il loro sacrificio, ossia abbandonarsi per un lungo periodo di tempo, non è stato vano.
Il coraggio e l’amore dei due personaggi sono stati così potenti da lottare a fondo affinché potessero salvare l’umanità dall’estinzione anche se il tempo e lo spazio non erano loro alleati.

Composizioni musicali

Hans Zimmer, il compositore della colonna sonora di Interstellar, ha compiuto un lavoro così perfetto che le scene più emozionanti hanno ottenuto quel tocco di sentimento aggiuntivo. Quel tocco offerto dalla delicatezza dei suoni che ti coinvolgono fino a portarti in una condizione di totale armonia con ciò che stai vivendo durante la visione del film.
Il finale gode di quella stessa colonna sonora già pregustata più volte durante lo svolgimento della pellicola. Il nome del brano in questione è Where we are going.
Un altro brano che ritengo opportuno menzionare è No time for caution, presente nella scena in cui Cooper tenta, assieme a Tars, la procedura d’attracco miseramente fallita pochi istanti prima da Mann.

Interstellar – Conclusione

Interstellar è un film molto impegnativo che richiede concentrazione ed attenzione ai dettagli. Tuttavia, per gli appassionati di scienza e astronomia, non può essere altro che un’ottima pellicola che affronta temi attuali.
Il cambiamento climatico terrestre, l’amore che lega due persone distanti, la frustrazione nel credere di essere stati abbandonati.
Le scelte, quelle difficili ma necessarie, che costano l’allontanamento dai figli per decenni ma che possono portare alla salvezza del genere umano.
Cultura scientifica, come la spiegazione del wormhole e la teoria della relatività del tempo scoperta da Einstein.
Tutto questo arricchito da una serie di scene molto profonde ed emozionanti che valgono da sole il prezzo, e l’intera durata, del film.

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